IN CULO AL MONDO
Era il giorno di San Valentino,per me era solamente sabato. Faceva un freddo cane anche in pianura quel sabato sera.
Tutti gli innamorati giovani o decrepiti o giovani e decrepiti,si illudevano quel giorno,davanti a cenette a lumi di candela,in ristorantini che non vedevano l’ora di prendersi i loro soldi e di scaraventarli fuori dalle palle.
Non avevamo soldi quel periodo e anche se li avessimo avuti nemmeno avevamo avuto l’intenzione di farci servire cibo con la fretta di essere pure noi cacciati e nemmeno avremmo pensato di illuderci di fronte a candele accese,perché noi innamorati,lo eravamo sempre. Allora senza nemmeno discutere per decidere insieme,andammo su in montagna a S.Agata,contro le urla di mia moglie che diceva che si ghiacciava per noi e soprattutto per la bambina. E scendemmo dalla macchina dopo un’ora di viaggio e cazzo,faceva veramente freddo. Mia figlia sembrava non sentire niente,allora pensavo che era meglio restare per sempre bambini e non sentire niente di niente di quello che sentono la maggior parte dei grandi,perché i grandi non sentono mai niente di buono. Allora iniziammo a girare nelle vie strette del paese e sotto le luci contenute in lampioni di un’altra epoca. E poi guardavamo le poche vetrine,e non eravamo soddisfatti,e poi comprammo del cioccolato per nostra figlia e lo mangiammo tutti e tre e rivoltammo il paese come un guanto fino a fermarci alla piccola fontana davanti alla chiesa e mia figlia guardò un po’ entusiasta i pesciolini che vi erano dentro. Fosse stato al mio paese,se li sarebbero mangiati crudi e vivi,ma non per fame,per il gusto di prenderli dal loro habitat e rompere il cazzo ai pesciolini. Allora prendemmo un vicoletto che a passarci in due era stretto e pensai subito all’amore,e arrivammo nella seconda ed ultima piazza illuminata a giorno che avevamo già passato,ma non avevamo apprezzato ed in fondo alla piazza,nella parte più buia in un angolo,c’era una discesa, che mia moglie mi chiamo’ e mi domando’ dove andasse perché l’orizzonte in fondo si vedeva già buio e non si distingueva dove portasse. E quindi presi mia figlia per la mano e iniziammo a correre e lei quasi stupita quanto me inizio’ a ridere,a ridere e ridere ancora mentre arrivammo in fondo alla discesa e ci affacciammo su un parapetto lunghissimo che dava nella gola verde oscura delle montagne,e poi arrivo’ pure mia moglie che prese la bambina per l’altra mano e rifacemmo a corsa la discesa che divento’ una bella salita e ci mettemmo a ridere tutti e tre e dagli occhi di mia figlia sprizzava luce come da due fotoelettriche notturne.
Allora arrivammo di nuovo sulla piazza che aveva dritto impalato in mezzo a se,la statua di un santo dal collo storto come se gli avessero dato una mazzata di lato,e allora dissi a mia moglie con poco affanno,che ancora ce la facevo a correre,pensavo peggio,e lei mi disse che allora dalla primavera in poi saremmo andati a fare jogging alla villa comunale e la villa comunale si trovava al mio paese,e il mio cervello rifiutava tutto ciò che aveva a che fare con la mia lurida città,e allora tirai di nuovo mia figlia per il braccio sinistro e lei col suo braccino destro tirò il braccione sinistro di mia moglie e ci rimettemmo a correre e mia moglie tra le risate e l’affanno che ci cresceva come un’onda nel petto,mi chiedeva che intenzioni avessi e la nostra bimba ci guardava ridere e rideva pure lei. Allora le trascinai per altri vicoli stretti che non avevamo mai percorso in quasi dieci anni che andavamo là,anche quando eravamo solo io e mia moglie,e allora tutta la mia panza ballonzolava e la gente del posto ed altra gente venuta li come noi ci guardava e guardava la mia panza e a me non me ne fotteva un cazzo e poi a correre a correre ci venne l’affanno per davvero e a me ancor di più e la bimba pareva non smettere mai,allora la tirai per il suo braccino e quella per quello che poteva fare,tirava pure la mamma che la assecondo’ e mi buttai all’improvviso con le spalle a terra sporcandomi della rugiada della strada il mio cappotto nuovo,tirandole a tutte e due e mia moglie mi imito’ senza fiatare come mi imito’ la bimba e con i nostri respiri corti ci mettemmo a guardare il cielo coi suoi miliardi di stelle che da anni avevo quasi dimenticato di guardare,là,nel mio stupido e grigiastro paese. Paese di fogna,paese uguale ad un enorme ratto molliccio e ripugnante. E dissi fan culo i soldi,fan culo le feste,fan culo il freddo,fan culo la morte,fan culo il mondo,perché noi tre per la prima volta,l’avevamo messo in culo al mondo!