lunedì 14 febbraio 2011

IN CULO AL MONDO

IN CULO AL MONDO
Era il giorno di San Valentino,per me era solamente sabato. Faceva un freddo cane anche in pianura quel sabato sera.
Tutti gli innamorati giovani o decrepiti o giovani e decrepiti,si illudevano quel giorno,davanti a cenette a lumi di candela,in ristorantini che non vedevano l’ora di prendersi i loro soldi e di scaraventarli fuori dalle palle.
Non avevamo soldi quel periodo e anche se li avessimo avuti nemmeno avevamo avuto l’intenzione di farci servire cibo con la fretta di essere pure noi cacciati e nemmeno avremmo pensato di illuderci di fronte a candele accese,perché noi innamorati,lo eravamo sempre. Allora senza nemmeno discutere per decidere insieme,andammo su in montagna a S.Agata,contro le urla di mia moglie che diceva che si ghiacciava per noi e soprattutto per la bambina. E scendemmo dalla macchina dopo un’ora di viaggio e cazzo,faceva veramente freddo. Mia figlia sembrava non sentire niente,allora pensavo che era meglio restare per sempre bambini e non sentire niente di niente di quello che sentono la maggior parte dei grandi,perché i grandi non sentono mai niente di buono. Allora iniziammo a girare nelle vie strette del paese e sotto le luci contenute in lampioni di un’altra epoca. E poi guardavamo le poche vetrine,e non eravamo soddisfatti,e poi comprammo del cioccolato per nostra figlia e lo mangiammo tutti e tre e rivoltammo il paese come un guanto fino a fermarci alla piccola fontana davanti alla chiesa e mia figlia guardò un po’ entusiasta i pesciolini che vi erano dentro. Fosse stato al mio paese,se li sarebbero mangiati crudi e vivi,ma non per fame,per il gusto di prenderli dal loro habitat e rompere il cazzo ai pesciolini. Allora prendemmo un vicoletto che a passarci in due era stretto e pensai subito all’amore,e arrivammo nella seconda ed ultima piazza illuminata a giorno che avevamo già passato,ma non avevamo apprezzato ed in fondo alla piazza,nella parte più buia in un angolo,c’era una discesa, che mia moglie mi chiamo’ e mi domando’ dove andasse perché l’orizzonte in fondo si vedeva già buio e non si distingueva dove portasse. E quindi presi mia figlia per la mano e iniziammo a correre e lei quasi stupita quanto me inizio’ a ridere,a ridere e ridere ancora mentre arrivammo in fondo alla discesa e ci affacciammo su un parapetto lunghissimo che dava nella gola verde oscura delle montagne,e poi arrivo’ pure mia moglie che prese la bambina per l’altra mano e rifacemmo a corsa la discesa che divento’ una bella salita e ci mettemmo a ridere tutti e tre e dagli occhi di mia figlia sprizzava luce come da due fotoelettriche notturne.
Allora arrivammo di nuovo sulla piazza che aveva dritto impalato in mezzo a se,la statua di un santo dal collo storto come se gli avessero dato una mazzata di lato,e allora dissi a mia moglie con poco affanno,che ancora ce la facevo a correre,pensavo peggio,e lei mi disse che allora dalla primavera in poi saremmo andati a fare jogging alla villa comunale e la villa comunale si trovava al mio paese,e il mio cervello rifiutava tutto ciò che aveva a che fare con la mia lurida città,e allora tirai di nuovo mia figlia per il braccio sinistro e lei col suo braccino destro tirò il braccione sinistro di mia moglie e ci rimettemmo a correre e mia moglie tra le risate e l’affanno che ci cresceva come un’onda nel petto,mi chiedeva che intenzioni avessi e la nostra bimba ci guardava ridere e rideva pure lei. Allora le trascinai per altri vicoli stretti che non avevamo mai percorso in quasi dieci anni che andavamo là,anche quando eravamo solo io e mia moglie,e allora tutta la mia panza ballonzolava e la gente del posto ed altra gente venuta li come noi ci guardava e guardava la mia panza e a me non me ne fotteva un cazzo e poi a correre a correre ci venne l’affanno per davvero e a me ancor di più e la bimba pareva non smettere mai,allora la tirai per il suo braccino e quella per quello che poteva fare,tirava pure la mamma che la assecondo’ e mi buttai all’improvviso con le spalle a terra sporcandomi della rugiada della strada il mio cappotto nuovo,tirandole a tutte e due e mia moglie mi imito’ senza fiatare come mi imito’ la bimba e con i nostri respiri corti ci mettemmo a guardare il cielo coi suoi miliardi di stelle che da anni avevo quasi dimenticato di guardare,là,nel mio stupido e grigiastro paese. Paese di fogna,paese uguale ad un enorme ratto molliccio e ripugnante. E dissi fan culo i soldi,fan culo le feste,fan culo il freddo,fan culo la morte,fan culo il mondo,perché noi tre per la prima volta,l’avevamo messo in culo al mondo!

giovedì 10 febbraio 2011

BARBARA RISOLI INTERVISTA CRESCENZO INVIGORITO

OLTRE IL NOME E IL COGNOME
BARBARA RISOLI INTERVISTA

CRESCENZO INVIGORITO
Autore de
UN FIORE, UN CULO
(genere satira-ironia )
IL MIO LIBRO
Anno 2010

  1. Crescenzo Invigorito. Chi sei e quale il tuo più grande desiderio? Che tipo di persona sei? E perché usi uno pseudonimo?

Sono prima di tutto un operaio,che lavora per “magnà” e per tutto ciò cui la società ci “obbliga” a convivere,rendendo anche le cose più stupidi,cose indispensabili.Sono una persona allegra,il lavoro cerco di rendermelo piacevole allietando la giornata come fossi un clown,facendo ridere tutti i colleghi(il giorno che non vengo al lavoro,la produzione si ferma,anche se siamo collaudatori di trenini,quelli veri però),ma quando c’è da battere per i nostri diritti,divento un po’ Rambo).Ok,mi sono dilungato troppo,ti autorizzo a tagliarmi,ma vedi dove,perché a noi già ci hanno tagliato tutto.Crevigo’ perché il mio cognome per altro di origine nobiliare doc (fidati) è troppo lungo da ricordare,non credi?

  1. La tua scelta editoriale io la reputo coraggiosa. Spiega in cosa consiste e come funziona.

La scelta editoriale è un po’ obbligata,perché con uno stipendio,che non basta nemmeno per la famiglia o quasi,ho dovuto adottare la soluzione meno drastica economicamente,visto anche che qua per arrivare ad un editore medio-grande e che non si prenda soldi,bisogna quasi essere come una escort di Berlusca.Funziona che mi cercano sul sito e mi comprano(cioè il libro,no me,davvero non vorrei fare la escort),quindi puoi ben capire che senza pubblicità,chi cavolo mi cerca?Quindi faccio un po’ il porta a porta,ma solo con gente che conosco,in fondo sono timido!
Il libro si ordina in tutte le Feltrinelli,ma devo sempre io informare le persone e mandarle a comprare il libro.

  1. Ritieni che la promozione personale del proprio libro sia sufficiente per farsi conoscere o reputi necessario creare ‘il gruppo’ per lasciare un segno e indurre alla lettura?

La promozione su fai da te,è una cosa quasi impossibile,come sta capitando a me,quindi bisogna ricorrere ai mezzi che i media ci offrono e senz’altro creare un gruppo che magari istighi alla lettura (sembra quasi una minaccia a mano armata).

4. UN FIORE, UN CULO. Crescenzo, il titolo strappa il sorriso, a volte la risata (e questo è il mio caso, lo ammetto!). E’ questo lo scopo di questo titolo decisamente d’impatto?

Non è solo il tuo caso,pensa che ogni volta che vado in libreria (ad ordinare il mio stesso libro per quelli del porta a porta,perché se raggiungo un certo numero di copie alla Feltinelli forse me lo espongono) e dico il titolo alla commessa,questa si fa pipì addosso dalle risate,però non ho capito perché la faccia ridere il titolo o perché è deficiente!
Certamente l’ho messo apposta questo titolo,specialmente per quelle persone che si aspettano non solo un libro che non è conforme a tutto quello che ci  vogliono imporre,ma soprattutto per quelli che si aspettano anche qualche risata.



5. Parlaci di questo libro e di quale slancio ti ha indotto a scriverlo e specialmente a pubblicarlo. Ti prego, regalaci una sola delle battute presenti.

Credo che quello che si pensa,si debba fare,anche per dare libero sfogo alla nostra natura,che è pur sempre umana (meno che le rapine si intende,anche se qualche volta ho pensato anche a quelle),anche se questo comporta dei rischi,come nel mio caso di essere cacciato dall’azione cattolica e di non essere più ricevuto dall’ospizio per novantenni presso cui facevo volontariato.Motivo : potevo violentarvi qualcuno!

6. A pelle mi son fatta l’idea che tu sia una persona particolare:il tuo nome (che ti faccio sapere piacermi molto), il tuo titolo, la tua scelta editoriale. Sei coraggioso. Sbaglio?

Se per coraggioso s’intende lasciare un posto da maresciallo di carabinieri come ho fatto io,perché non era come lo volevo fare io,se coraggioso è fare l’operaio adesso e mantenere una famiglia,e se coraggioso è pubblicare un libro con questo titolo che la gente “perbene” nemmeno vuole sentire di che si tratta e poi fanno di peggio per la società,allora considerami anche un coraggioso!

7. I nomi non si fanno, ma cosa trovi fuori luogo nella produzione esordiente italiana in campo letterario?

Io sono prima di tutto un vorace lettore,non è che gli altri non debbano scrivere,però per me io cerco sempre più di leggere che di scrivere,e scrivo proprio quando diventa una situazione fisiologica difficile da controllare,come la pipì.Ma la situazione è che per accaparrarsi i soldi,alcuni pseudo-editori pubblicano di tutto,anche ricette di cucina già note,ecco perché il lettore si allontana dagli esordienti,non si pubblica per passione e convinzione che l’opera presentata può essere un piccolo successo.

8. Dare di piglio al portafoglio. Convinci chi sta visionando questa intervista a leggerti e specialmente a comprarti. Vietate le minacce, ammesse le suppliche. Vai.

Il libro costa poco 10 ero,e nell’ordinarlo alla Feltrinelli oppure sul sito http://www.ilmiolibro.it/ a 7 euro ma ci divete mettere le spese di spedizione,cercate “UN FIORE,UN CULO” di Crevigo’ ci mettono 10 giorni per farlo arrivare,quindi potete pensare di pagarlo con una specie di piccole rate.Poi io sono orgoglioso : se ve lo volete comprare è bene,altrimenti…vi prego compratelo lo stesso,aiutate un povero scrittore morto di fame!!!

Ti ringrazio per la gentilezza.

Intervistatrice: Barbara Risoli

L’AVVOCATO DEL CAZZO

L’AVVOCATO DEL CAZZO
Mi avevano sbattuto fuori dal lavoro dalla sera alla mattina,senza un motivo ne una giustificazione plausibile da parte loro e ci rimasi male perché era un periodo in cui stavo con una,Margo’ che voleva che mettessi la testa apposto e per questo voleva che mi dessi una regolata per regolare anche la sua vita,e in quel periodo secondo lei avevo messo la testa apposto (ma secondo me no,perché lavorando fino a sera,rientravo nella schiera di quella società appassita, fondata solo su casa e lavoro).Scaricavo casse di legno piene di utensili,e alla sera le mie reni erano ridotti a un solo pezzo di carne afflosciata,ma ero contento perché facevo contenta Margo’,nel dargli un po’ di stabilità economica e mentale,perché si sa che le donne se sono stabili mentalmente,te la danno anche con una certa regolarità ed allegria. Allora anche se mi sentivo l’ultimo elemento della terra perché cacciato dal mio lavoro in malomodo,dove contrariamente al mio carattere avevo detto sempre di si a qualsiasi evenienza,anche se umiliato come un povero operaio quale ero,finii per accettare la cosa,ubriacandomi una sera e maledicendo la società.”Dobbiamo fare causa,è una causa già vinta” mi disse Margò,e disse pure che quel bastardo (il mio padrone) aveva fatto una stronzata licenziandomi,mi doveva restituire tutti i salari che da allora in poi avrei perso.”Bisognava andare da un’avvocato” mi disse e chiamò subito suo fratello in città,che era un ragioniere e quasi laureato,e ne aveva viste di cause come quelle,per farci consigliare un buon avvocato.”E’ una causa già vinta,il bastardo gli deve dare dei soldi e sarà pure obbligato a rimetterlo al suo posto di lavoro”disse alla sorella,e ci consigliò il nome dell’avvocato. Andammo dall’avvocato dietro appuntamento e questi ci confermò che “il bastardo si era quasi rovinato licenziandomi e gli avremmo fatto uscire le budella dalle orecchie” questo effettivamente disse,fra la mia ilarità e la mia voglia di ammazzare tutta la noia del mondo,come se avessi vinto alla lotteria. Allora andammo alla causa e ci sedemmo ad aspettare in un corridoio dove c’era altra gente che aspettava,gente che pareva fare cause tutti i giorni e che vivessero solo di quello,che mi domandarono l’oggetto della mia controversia.”Il bastardo s’è fregato” dicevano gli uni,”il bastardo sta con le pezze al culo” dicevano gli altri,e inutile dirlo che dai miei occhi usciva una fiamma fluorescente da drago con cui avrei voluto incenerire il mondo,ero unico,ero potente e per i soldi,e per aver quasi fatto fuori un bastardo. Allora dopo che mi ebbe sentito il giudice,uscii anche il mio avvocato che in attesa della sentenza mi disse : “Questo è quello che l’ha fregato,questo è stato il pugnale con cui da solo si è inferto al cuore il colpo mortale” indicandomi il telegramma di licenziamento con la data dell’ultimo mio giorno di lavoro. Il telegramma arrivò a casa nelle mani di Margò quando ancora stavo lavorando!Non era lecito,disse l’avvocato! E l’avvocato me lo disse con un sorriso che subito non mi parse sincero. Infatti di li a poco,mi disse che avevamo perso la causa. Facemmo appello e perdemmo pure quello,mi ero dimenticato io umile operaio,che il bastardo aveva i soldi e che le cause pulite,venivano sempre buttate nel fango. Allora io e Margò perdemmo anche il nostro senso della giustizia,ma dovevamo trovare lo stesso il compenso che inevitabilmente dovevamo al nostro avvocato,e che chissà perché per fortuna non ci venne mai a chiedere. Forse gli erano bastati i soldi datogli dal mio datore di lavoro. E seguì’ un periodo nero,in cui gironzolavo per l’isolato aspettando parecchie risposte di lavoro che non arrivavano mai. Sorridevo a Margò che batteva i tappeti dalla finestra e lei ricambiava sforzando di contrarre le labbra in una smorfia che vagamente assomigliava ad un sorriso. E mentre davo calci alle pietre,si fermò un amico col suo motociclo sgangherato e la marmitta schiattata e mi disse se volevo buscarmi qualche quattrino, e senza dargli risposta gli piombai sul due ruote e gli dissi di portarmi dove si lavorava,anche se non ero molto contento di farlo. Allora lui si fermò davanti ad uno studio di avvocati e mi disse di salire. Avevo pensato che lì fosse anche l’ufficio del principale ed invece mi portò dall’avvocato che mi aveva fatto perdere la causa e dopo un po’ di imbarazzo da entrambi,e quasi a scusarsi perché disse che io potevo ben sapere come vanno al mondo le cose,mi disse che se volevo guadagnare qualcosa,dovevo buttarmi a peso morto davanti ad una macchina che diceva lui,andare davanti ad una commissione medica che diceva lui e dire il sintomo del male che diceva lui,cioè dire che mi faceva male all’altezza del cazzo. Allora avrebbero fatto una causa per dire che a me dall’incidente non mi funzionava più il cazzo,e poi spartirci i soldi che in seguito ci sarebbero arrivati. Dissi di si a tutto,e che adesso capivo come funzionavano le cose. L’avvocato tirò il suo volto in un tirato sorriso e mi salutò dicendomi che mi faceva sapere quando presentarmi. Scendendo le scale il mio amico disse “affare fatto allora,la metà che prendi è dell’avvocato,la metà della metà che ti rimane è di quello che ti butta sotto,l’altra metà della metà della metà alla commissione medica e dalla tua parte,il 30% è per me ,ok?Gli dissi che era ok e lui sorrise.
“A proposito,sai come lo chiamano a questo avvocato?” mi disse.”No risposi”. “L’avvocato del cazzo” mi disse ridendo. Ed io gli risposi che forse già lo sapevo.

IL PRETE UBRIACO

IL PRETE UBRIACO
La sveglia ad orgasmo suono’ per la quinta mattina successiva e quella mattina mi decisi che l’avrei buttata dalla finestra per due motivi : il primo strettamente personale era che appena la sentivo anche mezzo assonnato com’ero,dalla mattina presto mi veniva già voglia di scopare e poi perché Micki dell’appartamento accanto era già un po’ di giorni che mi diceva che si sentiva chiaramente dalla sua camera da letto le grida di una donna che prima piano e poi sempre più forte,godeva sempre di più fino a che non la staccavo. La donna della sveglia appunto.”Sai” mi diceva,”i bambini sentono tutto e poi pure mia moglie,non gli concilii il sonno”. La moglie faceva la puttana ad ore in un motel sulla statale. Quindi staccai la donna orgasmica,mi accesi una sigaretta ancora seduto in mezzo al letto,poi mi alzai e la buttai dalla finestra vicino ai bidoni della spazzatura.
Mia madre mi aspettava quella mattina,per farsi dare un passaggio a messa. Le gambe non la reggevano più facemmo il patto che solo per due volte al mese ero disposto a portarla in pasto ai preti a farsi finire di imbabbuccare.Una di queste volte che l’accompagnai,un figlio di puttana che usciva dal cortile della chiesa,mi venne addosso con la sua auto fiammante e dato che aveva torto marcio ed era un gran credente questo tizio di mezza età,con gli occhiali e quattro capelli impomatati sulla testa,voleva avere per forza ragione e mentre mia madre già sapendo come avrei reagito, evitava di guardarmi con la sua borsetta sopra gli occhi, io gli rifilai al tizio una raffica di vaffanculo che mi sentì anche il prete dalla sacrestia che uscì immediatamente.Dopo un po’ il prete stesso mi assicurò che a un accordo poi ci  saremmo arrivati,ma io continuavo ancora a sparare come un mitra orde di “va a cagare”.Alla fine quel tipo tamponatore della società,se ne andò lasciandomi la sua targa,ma io fui lo stesso scocciato dall’accaduto e soprattutto dal fatto che la mia macchina ora, era diventata del tutto inguardabile. Ritornata un po’ di pace mi misi a legare il parafango che non si teneva da solo ed il prete mi si avvicinò e mi disse “tu non andrai mai in paradiso” ed io gli risposi che se esisteva un paradiso,ci dovevano mandare solo perché già vivevamo questa vita,in questo mondo. E poi il paradiso nel mio immaginario non collettivo,era un mondo che mi sapeva di morte,perché pochi ci pensavano che in esso ci sono solo persone che sono morte.”Eppure non è cosi’ figliolo” mi disse lui ed io allora gli risposi che non ho mai sentito di un vivo che è andato e ritornato dal paradiso e per questo chi ci andava (ammesso che ci andava) non vi ritornava più proprio perché appunto era morto. E lui mi disse che la vera vita era quella in paradiso,ed allora io gli proposi di organizzare un suicidio di massa e lui mi disse che non era la stessa cosa,che così si andava all’inferno ed io gli dissi che non poteva esistere un altro inferno peggio di quello in cui già vivevamo e dove esistevano tanti figli di puttana come quello che mi aveva tamponato. Allora all’improvviso mi chiese sedendosi su una panca all’interno dell’oratorio,che lavoro facessi e che titolo di studio avessi ed io gli risposi cosa importava,tanto nelle migliori delle ipotesi,sono sempre gli altri a tentare di decidere quanto valiamo e che nelle ipotesi peggiori non ci calcolano nemmeno, perché hanno da calcolare i loro protetti aggiungendoci i punti che ci sottraggono a noi. E poi continuo’ a dire che la vita è altrove ed io dissi che la nostra stupida vita è questa e non ce la sappiamo nemmeno prendere bene e cosi’ dicendo andai nel portabagagli della mia auto e sfilai un paio di birre da una cassetta che ero passato prima ad acquistare e gliene porsi una ma lui disse che solo in rari casi beveva e poi tra poco aveva un funerale e allora ne bevvi io tutte e due mentre lui mi guardava con la voglia matta di bere e mentre parlavamo di altre stronzate in genere,presi altre due birre per me dalla macchina,e guardandosi attorno ne accetto’ una dopo che gliel’avevo di nuovo offerta. E quindi mi domandò, io a quale categoria di esseri umani appartenessi, ed io risposi che se potevo apparire come un essere umano ero di quelli che riflettevano molto,maledetto boia, e così mi distruggevo prima la vita ecco perché mi aiutavo un po’ con la birra,perché il mondo degli uomini si divideva in due categorie : esseri pensanti ed esseri striscianti e dissi “padre,anche lei appartiene alla prima categoria,ed è un pregio mi creda,ma è anche una scocciatura,un paio di palle soprattutto per il tuo cervello”,e allora lui disse che c’aveva un sacco di guai con i nipoti e i fratelli e stava pure in causa,lui un prete,per questioni di eredità,e mi diceva tutto questo mentre io sfilavo lattine di birra dal mio catorcio e bevevamo,soprattutto lui che si lascio’ prendere dalla mano,e poi anch’io un po’ brillo gli parlai delle donne perché lui giurò che non aveva mai visto una donna in vita sua,nuda naturalmente,perché per lui la gioia era stato il seminario e la parrocchia e niente più ed io gli ripetei che la gioia e’ una donna nuda che te la da’,e lui allora disse che io ero un diavolo,quel giorno mandato chissà da chi ed io a ribattergli che il diavolo non poteva esistere perché non esistevano nemmeno gli angeli e lui a ridere e a bere. E continuava a dire che si sentiva bene dopo aver alleviato i peccati di una povera donna venuta a confessarsi,ed io gli dissi che si sarebbe sentito meglio con una donna nuda nel confessionale a fare cose che non erano affatto peccato. Poi si fece l’ora del funerale ed io dissi che giacchè c’eravamo dovevamo approfittare della nostra carne dato che questa si imputridiva sotto terra un giorno, ed oggi era toccato a questo povero uomo o donna che stava venendo in chiesa per la sua ultima benedizione ed io sperai che nella sua vita,donna o uomo che fosse stato,avesse scopato tanto e si fosse imbevuto della luce del sole anche quando le sue giornate erano state più nere che bianche. E il prete rideva,era proprio brillo ed io mi volevo divertire e far vedere alla gente che un prete è soprattutto un uomo se non è proprio un frocio e lo volevo mandare ad officiare sull’altare e dissi “padre il corteo sta arrivando” e lui nell’orecchio di uno di quei ragazzoni paffuti da oratorio disse qualcosa che non sentii ed io “padre!” e lui “non ti preoccupare la messa la dice il vice parroco per oggi”.
E alla vista della bara che entrava mi disse” va figliolo,e portami un’altra birra”.

IL MIO NOME

IL MIO NOME
Tu mi hai battezzato
col sangue del tuo cuore
e mi hai chiamato Amore.
Sotto salici rossi
mi hai imposto il nome
come il mare segna
la sabbia e muore

domenica 6 febbraio 2011

UN FIORE,UN CULO: L'ENORME UCCELLO ROSSO

UN FIORE,UN CULO: L'ENORME UCCELLO ROSSO: "DAL LIBRO 'UN FIORE,UN CULO' DI CREVIGO' IN TUTTE LE FELTRINELLI A 10,50 EURO'racconti ironici,sarcastici,sessuali' sulla società Una sera u..."

L'ENORME UCCELLO ROSSO

DAL LIBRO "UN FIORE,UN CULO" DI CREVIGO' IN TUTTE LE FELTRINELLI A 10,50 EURO
"racconti ironici,sarcastici,sessuali" sulla società

Una sera uscii dal mio lager di lavoro con l’illusione di andare ad una casa,a salutare una moglie,a baciare un figlio,a dormire in un letto,per poi ritrovarmi di lì a poche ore,a rientrare nel mio lager con annessi cancelli di ferro e filo spinato tutt’intorno. Una sera dunque,una delle migliaia sprecate per la mia vita di artista,uscii invece con la mia tuta da operaiaccio e vidi di fronte a me,lì sospeso nel cielo,un enorme uccello, grande e rosso con una testa enorme. Lo so,lo so a cosa state pensando,come se conoscendomi,da me da un momento o l’altro ve lo sareste aspettato. Ma vi dico subito che non era un cazzo gigante che svolazzava su per il cielo come un pallone aerostatico. Era bensì l’uccello simbolo dell’Auchan che a completamento di un altro grande mostro che avevano costruito proprio lì,di fronte alla nostra fabbrica-lager,avevano issato con fili quasi invisibili e con gran fretta quella sera.
E l’uccello stava lì quasi pensieroso,e cadeva proprio di fronte all’uscio della nostra mensa come a dire “anche quando mangiate non dimenticatevi dell’uccello…enorme”.Allora metti che qualche donna o qualche frocio sia stato in quel giorno indisposto,perché fargli venire il vomito proprio mentre mangiavano? Ma il vomito vero era che ora c’era un altro centro mentale dove correre a spendere (chi poteva),un altro centro insano come un manicomio fallito,proprio di fronte ad una fabbrica che s’apprestava,per papocchie varie fra i grandi,a mandare centinaia di operai a cassa integrazione. Ora dico,per me le fabbriche non avrebbero mai dovuto esistere,come i lager nazisti di Auswitz ecc,ma questo era un vero e proprio insulto per noi, deportati dalla società ad entrare ogni mattina presto e a rotta di collo, ( infrangendoci non solo il sonno ma anche i nostri sogni,come ad esempio una mattina  bestemmiai perché la maledetta sveglia aveva interrotto un orgasmo che stavo per avere con una collega che neanche mi cagava),nel nostro lager a cui eravamo dal destino stati assegnati e qualcuno era stato pure contento. Pure io fui contento fino a prendere la mia prima paga,prima cioè di sapere poi bene cosa fosse il denaro. E quindi con il tramonto che quell’enorme uccello si era preso tutto per se,sul suo petto gigante (eravamo in estate quasi,altrimenti per i nostri orari col cazzo che vedevamo il colore,anche dell’ultimo raggio di sole),sputai quasi in faccia ad un altro disgraziato che come me usciva come un morto ballerino,una caramella che non avevo finito di succhiare. Mi misi nel mio catorcio che bolliva come una pentola a pressione e col culo che mi scottava sul sedile mi avviai verso solo la fine di un altro giorno che moriva per la mia vita,e la mia vita era piena di cadaveri. Non un giorno che sussultava di vita! A volte penso che i nazisti non erano stati nessuno in quanto al furto di anime. E appena fuori del cancello vedo una sola ombra sul lungo marciapiede di periferia,un’ombra femminile,e penso “ecco almeno una visione di femmina nel rosso di un tramonto profondamente dissanguato”,ma spero che non sia lei,ed invece e’ proprio lei. La puttana che sta’ andando a battere,proprio lì,fra la fabbrica e l’ipermercato delle delizie e dei pazzi gioiosi. Passa vicino al piccolo cimitero e si fa il segno della croce a rispetto di un Dio che non ha rispetto per lei e dei morti che sono gli unici a non poterla guardare. I morti sono morti,e Dio dell’universo s’è lasciato andare con la mano ed ha creato un universo tanto grande in cui ci si è perso lui stesso ed è per questo che non l’abbiamo mai visto. E ribestemmio di nuovo per quella giornata,perchè la sola bella cosa della vita,la visione di una donna,anche se una puttana,mi era stata cancellata con il gesto del segno della croce che s’era fatta,ed eravamo al secondo sogno infranto per quella giornata.
E mi venne da pensare a cos’era il mondo,possibile che c’era gente,una marea di gente che così  l’aveva voluto il mondo? Possibile? Non mi ci si potevo proprio abituare io a questo mondo.
Ero nato in cattività e questo sembravo saperlo solo io.
Misi le dita nel taschino e ripresi a succhiare un’altra caramella.