lunedì 14 febbraio 2011

IN CULO AL MONDO

IN CULO AL MONDO
Era il giorno di San Valentino,per me era solamente sabato. Faceva un freddo cane anche in pianura quel sabato sera.
Tutti gli innamorati giovani o decrepiti o giovani e decrepiti,si illudevano quel giorno,davanti a cenette a lumi di candela,in ristorantini che non vedevano l’ora di prendersi i loro soldi e di scaraventarli fuori dalle palle.
Non avevamo soldi quel periodo e anche se li avessimo avuti nemmeno avevamo avuto l’intenzione di farci servire cibo con la fretta di essere pure noi cacciati e nemmeno avremmo pensato di illuderci di fronte a candele accese,perché noi innamorati,lo eravamo sempre. Allora senza nemmeno discutere per decidere insieme,andammo su in montagna a S.Agata,contro le urla di mia moglie che diceva che si ghiacciava per noi e soprattutto per la bambina. E scendemmo dalla macchina dopo un’ora di viaggio e cazzo,faceva veramente freddo. Mia figlia sembrava non sentire niente,allora pensavo che era meglio restare per sempre bambini e non sentire niente di niente di quello che sentono la maggior parte dei grandi,perché i grandi non sentono mai niente di buono. Allora iniziammo a girare nelle vie strette del paese e sotto le luci contenute in lampioni di un’altra epoca. E poi guardavamo le poche vetrine,e non eravamo soddisfatti,e poi comprammo del cioccolato per nostra figlia e lo mangiammo tutti e tre e rivoltammo il paese come un guanto fino a fermarci alla piccola fontana davanti alla chiesa e mia figlia guardò un po’ entusiasta i pesciolini che vi erano dentro. Fosse stato al mio paese,se li sarebbero mangiati crudi e vivi,ma non per fame,per il gusto di prenderli dal loro habitat e rompere il cazzo ai pesciolini. Allora prendemmo un vicoletto che a passarci in due era stretto e pensai subito all’amore,e arrivammo nella seconda ed ultima piazza illuminata a giorno che avevamo già passato,ma non avevamo apprezzato ed in fondo alla piazza,nella parte più buia in un angolo,c’era una discesa, che mia moglie mi chiamo’ e mi domando’ dove andasse perché l’orizzonte in fondo si vedeva già buio e non si distingueva dove portasse. E quindi presi mia figlia per la mano e iniziammo a correre e lei quasi stupita quanto me inizio’ a ridere,a ridere e ridere ancora mentre arrivammo in fondo alla discesa e ci affacciammo su un parapetto lunghissimo che dava nella gola verde oscura delle montagne,e poi arrivo’ pure mia moglie che prese la bambina per l’altra mano e rifacemmo a corsa la discesa che divento’ una bella salita e ci mettemmo a ridere tutti e tre e dagli occhi di mia figlia sprizzava luce come da due fotoelettriche notturne.
Allora arrivammo di nuovo sulla piazza che aveva dritto impalato in mezzo a se,la statua di un santo dal collo storto come se gli avessero dato una mazzata di lato,e allora dissi a mia moglie con poco affanno,che ancora ce la facevo a correre,pensavo peggio,e lei mi disse che allora dalla primavera in poi saremmo andati a fare jogging alla villa comunale e la villa comunale si trovava al mio paese,e il mio cervello rifiutava tutto ciò che aveva a che fare con la mia lurida città,e allora tirai di nuovo mia figlia per il braccio sinistro e lei col suo braccino destro tirò il braccione sinistro di mia moglie e ci rimettemmo a correre e mia moglie tra le risate e l’affanno che ci cresceva come un’onda nel petto,mi chiedeva che intenzioni avessi e la nostra bimba ci guardava ridere e rideva pure lei. Allora le trascinai per altri vicoli stretti che non avevamo mai percorso in quasi dieci anni che andavamo là,anche quando eravamo solo io e mia moglie,e allora tutta la mia panza ballonzolava e la gente del posto ed altra gente venuta li come noi ci guardava e guardava la mia panza e a me non me ne fotteva un cazzo e poi a correre a correre ci venne l’affanno per davvero e a me ancor di più e la bimba pareva non smettere mai,allora la tirai per il suo braccino e quella per quello che poteva fare,tirava pure la mamma che la assecondo’ e mi buttai all’improvviso con le spalle a terra sporcandomi della rugiada della strada il mio cappotto nuovo,tirandole a tutte e due e mia moglie mi imito’ senza fiatare come mi imito’ la bimba e con i nostri respiri corti ci mettemmo a guardare il cielo coi suoi miliardi di stelle che da anni avevo quasi dimenticato di guardare,là,nel mio stupido e grigiastro paese. Paese di fogna,paese uguale ad un enorme ratto molliccio e ripugnante. E dissi fan culo i soldi,fan culo le feste,fan culo il freddo,fan culo la morte,fan culo il mondo,perché noi tre per la prima volta,l’avevamo messo in culo al mondo!

Nessun commento:

Posta un commento